L’interesse di Umberto Eco per Sylvie risale al primo casuale incontro con la narrativa di Gérard de Nerval, all’età di vent’anni: “ho letto il racconto in stato di assoluta innocenza, e ne sono stato sconvolto”. Da allora Eco ha fatto di questa novella l’oggetto di corsi universitari, saggi e numerose citazioni, seguendo le ragioni di quella giovanile fascinazione fino a tradurla personalmente, con un ampio commento a corredo del testo. Pubblicato originariamente nel 1854, Sylvie è il più significativo e compiuto esempio dell’originalità creativa di Nerval. Letto e studiato da Proust, che in Contro Sainte-Beuve lo interpreta come espressione delle “misteriose leggi del pensiero”, racchiude tra le sue pagine un’alchimia di atmosfere sospese e stati d’animo impalpabili, che rimandano a una condizione di “mancanza” che anticipa l’approccio psicanalitico. È l’effetto-nebbia, evocato da Proust, a colpire il lettore-traduttore Eco: uno spaesamento, per chi esce dalla lettura, simile a “quella soglia mattutina in cui ci si risveglia lentamente, e si confondono le prime riflessioni coscienti con gli ultimi bagliori onirici e si perde (o non si è ancora superato) il confine tra sogno e realtà. […] Ho riletto tante volte questo racconto nel corso degli ultimi quarantacinque anni, e ogni volta cercavo di spiegare a me stesso e agli altri perché mi facesse quell’effetto. Ogni volta credevo di averlo scoperto, eppure ogni volta che riprendevo a rileggere mi ritrovavo come all’inizio, ancora prigioniero”.

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Gérard de Nerval

Gérard Labrunie, conosciuto come Gérard de Nerval (Parigi 1808 − 1855), è stato un poeta e scrittore francese. Ha partecipato alla bohème romantica a Parigi per poi viaggiare in Europa e in Oriente, minato da una salute precaria e soggetto a gravi crisi nervose. Ha tradotto il Faust di Goethe, composto poesie, testi teatrali e opere in prosa tra cui Le chimere (1854), Piquillo (1837) e L’alchimista (1839) scritti con Alexandre Dumas padre, Aurelia (1855), Viaggio in Oriente (1856, postumo). Umberto Eco (Alessandria 1932 − Milano 2016), filosofo, medievista, semiologo, massmediologo, ha esordito nella narrativa nel 1980 con Il nome della rosa (premio Strega 1981), seguito da Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004), Il cimitero di Praga (2010) e Numero zero (2015). Tra le sue numerose opere di saggistica (accademica e non) si ricordano: Opera aperta (1962), Trattato di semiotica generale (1975), I limiti dell’interpretazione (1990), Kant e l’ornitorinco (1997), Dall’albero al labirinto (2007), Pape Satàn aleppe (2016) e Il fascismo eterno (2018). Ha pubblicato i volumi illustrati Storia della bellezza (2004), Storia della bruttezza (2007), Vertigine della lista (2009), Storia delle terre e dei luoghi leggendari (2013) e Sulle spalle dei giganti (2017).

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